CAPO V.
LA VIA DEL RITORNO/
I.
DAL BARCA AL MARÈB - ADÌ UGRI.
Prima di tornare in Italia desideravo di spin¬
germi verso il confine etiopico nel Seraè. Dove¬
vamo salpare il 28 settembre: non c'era dunque
tempo da perdere.
Salutai a malincuore gli ospiti di Agordat, e
seguito dalla sohta scorta, approvvigionato lauta¬
mente dal buon Ascari, mi rimisi in cammino
per Cheren.
Il peggior passo, si suol dire, è quello dell'u¬
scio. La sorte, quésta volta, volle esser benigna
con me concedendo che guadassi il Barca felice¬
mente. Felicemente: è proprio il caso di dir così.
Chi mai, in un fiume che si traversa nella maggior
parte dell'anno a piede asciutto supporrebbe in¬
ganni atroci e spietate perfidie appena una lama
d'acqua luccichi tra le sue sabbie ardenti? Per
noi è un modo di dire iperbolico « affogare in un
bicchier d'acqua » ; l'espressione torna vera sulle
rive del Barca.
Sulle insidie del fiume ne avevo sentite dir
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